Gli albori potrebbero addirittura portare alla famosa prima distanza di maratona percorsa da Filippide per portare l’annuncio della vittoria ad Atene; è da supporre infatti che il soldato ateniese, probabilmente vestito con pesanti armamenti e presumibilmente non allenato, avrebbe trovato più naturale e meno dispendioso avvalersi del gesto della corsa. Bisogna però risalire agli ultimi anni del Settecento per trovare tracce di gare di vera a propria marcia. Infatti nel 1789 un certo Foster Powell, inglese, marciò per 100 miglia in 22 ore: tre anni dopo, a 56 anni, compì il tragitto andata e ritorno tra Londra e York (circa 647 Km.) in 5 giorni 13 ore e 35 minuti, acclamato da una numerosa folla lungo il percorso. In quei tempi la media oraria era si circa 6 miglia (Km. 9,6561) che era considerata una ottima performance per un buon marciatore. Dall’Inghilterra all’America: Edward Payson Weston, colui che, secondo gli annali americani, viene considerato come “colui che inventò la marcia” per scommessa marciò da New York a San Francisco. Il tempo limite era di 100 giorni; ne impiegò 105. Fu così che dopo sei mesi, riprese il cammino a ritroso, stavolta su un percorso più rettilineo, arrivando a New York in 76 giorni, 23 ore e 10 minuti. Fu così che poco a poco, dall’Inghilterra la marcia si diffuse in tutto il mondo. Un interessante aneddoto sulla marcia di Marmontel, apparso su “L’esprit français” racconta: “A Parigi una delle nostre più belle donne, dopo aver fatto risuolare per la prima volta le sue scarpe da uno dei calzolai più alla moda della città, si accorse che, fin dai primi giorni, le sue suole erano stranamente consumate. Fece venire da lei il calzolaio di fama e gli esternò il suo malcontento. Questi prese le suole consumate, le esaminò con grande e seria attenzione e, dopo aver riflettuto sulla causa di questo inconveniente disse: vedo che Signora, certamente lei avrà marciato”.