E’ questo anche quello che noi pensiamo.
Incontrarsi in pista nella sua Bologna per una manifestazione, leggermente in anticipo rispetto ai calendari ma proficua, con il giudice di marcia Lamberto Vacchi è stato motivo di grande piacere, e per chi non lo conoscesse è stato e si può dire che lo sia ancora, a grande richiesta, giudice internazionale a Olimpiadi e Mondiali, dirigente Fidal in campo regionale e nazionale e direttore organizzativo dei Campionati Mondiali Masters 2007 a Riccione … e tanto altro.
“Daresti un’occhiata a quel giovane marciatore e poi magari ci confrontiamo?”… Con la gentilezza che lo contraddistingue ha interpretato con professionalità l’invito prendendo appunti preziosi su tutti i partecipanti della gara.
Ecco…Il confronto tra giudice e tecnico è ciò che ormai da fin troppo tempo manca nella nostra benamata specialità. La eccessiva diffidenza che continua a crescere in un ambiente come quello della Marcia all’interno di un contenitore che è l’Atletica italiana produce insicurezza e rancore.
Le cause della diffidenza sono evidenti: i tecnici pensano alla netta superiorità nelle conoscenze e nella pratica quotidiana della disciplina ritenendo il settore giudicante semplicemente un ostacolo eliminabile al raggiungimento dei propri obiettivi, dall’altra parte i giudici si sentono assediati e pur consapevoli del ruolo rispondono con il proprio comportamento sui campi spesso in maniera inadeguata e goffa.
Forse la verità sta nel mezzo, a fronte di mancanza di competenze si oppone la prepotenza… così non funziona. Gli episodi sono ormai più che frequenti (l’ultimo si è verificato ai recenti Campionati italiani indoor di Ancona U18 e U20-U23).
Per concludere questo elogio alla diffidenza cito Antonio de Curtis, principe della risata,il quale ne era convinto: “La diffidenza rende tristi“. E certamente Totò non sbagliava su un argomento rispetto al quale poteva presentare il conto e l’esperienza del suo immenso talento di attore comico. La diffidenza, un atteggiamento che mescola timore e mancanza di fiducia, scetticismo e pregiudizi, spegne la luce anche del nostro corpo, e si manifesta, in una forma di somatizzazione, con lo sguardo triste, malinconico, la cicatrice di una sconfitta.