Olympic Games - OG 1952 Maschile

Helsinki






Dopo ventotto anni di nuovo il tricolore d’Italia sventola sul più alto pennone.

Pino Dordoni era uscito dalle nebbie della guerra e marciava con uno stile bellissimo, oseremmo dire perfetto.
Nel 1946 non aveva partecipato ai Campionati Europei di Oslo senza un motivo plausibile, a Londra si era fatto onore pur ai suoi primi impatti internazionali, ma fu ad Helsinki, come a Bruxelles dove due anni prima, nel 1950, aveva vinto in titolo europeo, che trovò la vena dei giorni migliori.

Nel 1952 ad Helsinki si disputarono anche i 10.000 metri in pista e fu l’ultima volta che questa distanza apparve in campo maschile ai Giochi Olimpici.. L’Italia vi partecipò con cinque marciatori: due nella gara su pista e tre nella gara su strada.

Vediamo cosa accadde.

Km. 10 marcia - 27 luglio 1952

1. John MIKAELSSON (SWE) 45:02.8 (45.02.85)
2. Fritz SCHWAB (SUI) 45:41.0 (45:41.03)
3. Bruno JUNK (URS) 45:41.0 (45:41.05) (EST)
4. Luis CHEVALIER (FRA) 45:50.4 (45:50.28)
5. George COLEMAN (GBR) 46:06.8 (46:06.69)
6. Ivan JAMYSH (URS) 46:07.0 (46:07.07) (UKR)
7. Emile MAGGI (FRA) 46:08.0 (46:08.16)
8. Bruno FAIT (ITA) 46:25.6 ( - )

Gli iscritti furono 239, provenienti da 12 paesi, i finalisti furono 12.

Il Giudice inglese Jack Crump, scrisse nel British Olympic Report che “lo standard del giudizio e la base sulla quale vennero prese le decisioni di richiamare o di squalificare gli atleti, non furono per nulla né omogenee né imparziali”
La storia si ripeteva.

Junk vinse la prima batteria in 45:05.8 battendo Mikaelsson (45:10:0) mentre Coleman vinse la seconda batteria con più di mezzo minuto sul secondo nel tempo di 46:12.4

Nella finale Coleman rimase in testa per circa 2,5 Km. ma Mikaelsson lo raggiunse e l’inglese scivolò indietro. Mikaelsson vinse, stabilendo il nuovo record olimpico, con 150 metri di vantaggio sullo svizzero Schwab che staccò Junk solamente di 0,02 secondi, dopo che entrambi si produssero in una volata praticamente correndo negli ultimi 50 metri.
Anche questo è un film recentemente vissuto.

La conseguenza di questi fatti si tradusse nella cancellazione dai Giochi Olimpici definitivamente della gara dei 10.000 metri in pista e con la sua sostituzione, a partire dalle olimpiadi del 1956, con quella dei 20 Km.

Gli italiani: Telemaco Arcangeli venne eliminato in batteria dove si era classificato al settimo posto in 48:00.2, mentre il trentino Bruno Fait riuscì ad agguantare la finale, dove si piazzò ottavo.

Km. 50 marcia – 21 luglio 1952

1. Giuseppe DORDONI (ITA) 4:28:07.8 OR
2. Josef DOLEZAL (TCH) 4:30:17.8
3. Antal ROKA (HUN) 4:31:27.2
4. Rex WHITHLOCK (GBR) 4:32:21.0
5. Sergey LOBASTOV (URS) 4:32:34.2 (RUS)
6. Vladimir UKHOV (URS) 4:32:51.6 (RUS)
7. Dumitru PARASGHIVESCU (ROM) 4:41:05.2
8. Ion BABOIE (ROM) 4:41:52.8

Parziali

Dordoni: 10 Km. 51:37
20 Km. 1:41:27
30 Km. 2:35:04
40 Km. 3:32:42

Dolezal: 10 Km. 52:06
20 Km. 1:44:00
30 Km. 2:38:43
40 Km. 3:34:30

Roka: 10 Km. -
20 Km. -
30 Km. 2:40:19
40 Km. 3:36:41

Whitlock: 10 Km. 52:13
20 Km. 1:44:34
30 Km. 2:39:22
40 Km. 3:35:02

Lobastov: 10 Km. 52:37
20 Km. 1:46:06
30 Km. 2:41:31
40 Km. 3:37:34

Ukhov: 10 Km. -
20 Km. 1:46:06
30 Km. 2:41:31
40 Km. 3:38:19


Gli iscritti furono 31, provenienti da 16 paesi

Il campione uscente Ljunggren era già in testa al 10° km. guardato a vista d’occhio da Dordoni. Da quelo momento la partità sembrò circoscritta a questi due atleti. Al 20° Km. lo svedese vantava ancora una ventina di secondi di vantaggio, che però vennero annullati nei tre chilometri successivi.

A metà gara Dordoni, Campione Europeo in carica, aveva ormai più di tre minuti di vantaggio sul suo rivale più acerrimo, il cecoslovacco Dolezal, che avrebbe vinto poi due medaglie nei successivi Campionati Europei del 1954.
Dopo il trentacinquesimo chilometro l’atleta piacentino iniziò una passerella trionfale con la gente che applaudiva calorosamente, convinta di vedere anche il più bel stilista di marcia di ogni tempo.

Prima di entrare in pista pensò che forse era il caso di pettinarsi, ma non avendo con sé il necessario, lo chiese, e lo ricevette, al presidente della giuria di marcia, lo svizzero Armando Libotte.
Erano altri tempi, il rapporto con i giudici era sì difficile, ma sempre rispettoso e leale.


Vinse facilmente stabilendo il nuovo record olimpico nonostante la temperatura fresca, piovosa e ventosa.
Dolezal entrò nello stadio due minuti dopo, e terzo si piazzò Roka, che chiuse la gara recuperando un minuto sia su Dordoni che su Dolezal, quel tantro che gli fu sufficiente per relegare Rex Whitlock al quarto posto.

Ancora una volta per gli inglesi il boccone fu amaro da digerire: a Londra speravano in una vittoria, ma si dovettero accontentare del bronzo, qui meditavano la rivincita, ma uscirono dal podio.

Ljunggren terminò sfinito in nova posizione, proprio davanti al secondo degli italiani, il triestino Giuseppe (Pino anch’egli) Kressevich (4:44:30.2) ferroviere, che si allenava dopo i turni, nei quali aveva come compagno di servizio il padre di chi oggi vi scrive queste storie.

Al diciannovesimo posto si piazzò ancora Salvatore Cascino, ormai trentacinquenne, alla sua seconda Olimpiade dopo quella di Londra.


Nota dell'estensore.

Sono stato la prima volta ad Helsinki nel 1994 per i Campionati Europei; assieme a me c’era Massimo Di Marzio, che oggi non c’è più, e Roberto Fabbricini. Mi portarono a vedere scolpito nel marmo della tribuna centrale di Helsinki il nome di Dordoni fra quello di tutti i vincitori.
Fu entusiasmante. Sono ritonato nel 2005 per i Campionati Mondiali ed ho fatto vedere ad Alex Schvazer quella incisione, come me erano Maurizio Damilano e Pasquale Tosi.
Sono tornato altre due volte quest’anno ad Helsinki per altre occasioni: non ho mai mancato di andare a vedere quel nome inciso. Per me è stato quello di un grande uomo, di un grande maestro, oltre a quello di un sommo atleta.

Nicola Maggio